Alle origini della nostra civiltà : omaggio ad Hans Hartung

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Padre fondatore dell’Astrattismo

Per la nostra rubrica cultura “Alle origini della nostra civiltà”, rendiamo omaggio al pittore Hans Hartung, insieme a Paul Klee e Kandinskij, padre fondatore dell’Astrattismo.  Hartung nasce a Lipsia nel 1904, trascorre la maggior parte della sua giovinezza a Dresda, considerata in quel periodo “tempio della pittura” dove è particolarmente influenzato dall’arte del pittore austriaco Kokoschka e studia i grandi pittori del passato: Goya, El Greco, Rembrandt. L’artista frequenta in Germania la celebre scuola d’arte Staatliches Bauhaus, operante dal 1919 al 1933, divenendo allievo di Kandinskij. Le prime opere giovanili riprendono in modo particolare le teorie del suo maestro, considerato il padre dell’astrattismo, figura che resterà di riferimento per l’intera sua carriera. A partire dagli anni ’30 inizia a prendere le distanze dall’arte astratta geometrica in voga in quel periodo. La pittura di Mondrian, Malevic, Delaunay, costituita principalmente da cerchi, quadrati e triangoli, era da lui considerata troppo schematica e riduttiva.
Gli impulsi irrazionali di Hartung, l’inconscio e le sue indefinibili tensioni verso l’infinito lo portano ad elaborare e sperimentare una nuova forma d’arte meno razionale e più istintuale, l’astrattismo informale lirico. Appassionato fin da bambino di astronomia, l’artista vuole cogliere le radiazioni e l’energia segreta che pervade l’universo e attraverso i segni impressi nelle sue tele vuole avvicinarsi a quella che dagli antichi a tutt’oggi si chiama “sezione aurea”, là dove regnano bellezza, perfezione ed equilibrio. In questa “sezione divina”, studiata per diversi anni dal pittore, l’artista trae slancio propulsore per tutte le sue opere rapportando l’equilibrio tra le leggi matematiche sottese all’universo e le angosce suscitate in lui dalla volta celeste. E’ nello spazio metafisico che l’artista trova la sua ispirazione artistica e affronta direttamente le inesauribili energie del cielo riuscendo in tal modo a metabolizzare le proprie paure.
La sua arte veniva considerata degenerata dal regime nazista tanto da essere sorvegliato dalla polizia speciale e più volte interrogato per i suoi legami con ebrei e comunisti. Per sfuggire alle persecuzioni naziste è costretto nel 1935 a lasciare la Germania per trasferirsi a Parigi. La Francia, meta di molti pittori, diviene ben presto la sua nuova patria. Nel 1938 partecipa a Londra all’esposizione anti-nazista Twentieth Century German Art alle New Burlington Galleries. In quel periodo l’artista vive in condizioni di grandi ristrettezze economiche dato che nel 1934 gli sono sequestrati tutti i beni dal regime nazista.
Scoppiata la guerra, Hartung decide di arruolarsi nella Legione Straniera. Nel corso di un combattimento avvenuto a Belfort nel 1944, Hartung, gravemente ferito nel tentativo di salvare un compagno, è sottoposto all’amputazione della gamba destra. Nel 1946 l’artista viene naturalizzato francese e decorato della Croce di guerra 1939-1945 e della Medaglia della Legion d’Onore.
Finita la guerra, sebbene costretto su una sedia a rotelle, riprende con entusiasmo la sua attività di pittore partecipando a numerose mostre collettive. Nel 1951 espone le sue opere negli Stati Uniti d’America; nel 1955 partecipa alla Biennale Internazionale di incisione di Lubiana; nel 1956 riceve il Premio Guggenheim per la selezione continentale Europa-Africa. Il suo genio viene consacrato nel 1960, anno in cui vince all’unanimità il Gran Premio della pittura alla Biennale di Venezia. In Italia espone per la prima volta nel 1966 presso il Museo Civico di Torino e l’anno successivo riceve il Grand Prix des Beaux Arts della città di Parigi.
Nel 1970, insieme alla moglie Anna Eva Bergman, si trasferisce definitivamente nella sua villa di Antibes “Le Champ des Oliviers” da lui progettata e costruita, dove il suo atelier si trasforma in una “cellula” autonoma e metafisica lanciata nello spazio. L’artista dipinge quasi sempre di notte ascoltando la musica dei suoi musicisti preferiti, Bach, Vivaldi, Schütz. Le sue opere d’arte diventano messaggi all’umanità e ai posteri; le enormi tele di questo periodo sono ritenute dei capolavori testimonianti l’inarrestabile pulsare dell’universo, delle forze cosmiche che irraggiano il mondo, oltre un’attestazione della razionalità e spiritualità dell’essere umano.
L’importanza di Hans Hartung è inoltre attestata dalle numerose retrospettive a lui dedicate in tutto il mondo, dagli anni ’90 in poi, che ripercorrono la sua produzione artistica: Berlino, Madrid, Lipsia, Pechino, Bruxelles, Taiwan, Nagoya e Monaco di Baviera per citare le principali. La sua villa di Antibes è diventata nel 1994 sede della Fondazione Hartung-Bergman, eccezionale centro di studi di uno dei protagonisti indiscussi dell’arte contemporanea.
Christian Flammia – 23 03 2018  

Di Staff_ReteGenova

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