;text-indent:0px;background-color:rgb(255,255,255);text-decoration-style:initial;text-decoration-color:initial;float:none;display:inline”>Alle origini della nostra civiltà : saggio sull’arte-orrore degli anni ’50 in ricordo dei campi di concentramento e dei lager hitleriani
Per la nostra rubrica culturale “Alle origini della nostra civiltà” pubblichiamo un bozzetto risalente alla metà degli anni cinquanta del secolo scorso, che richiama agli orrori dei campi di concentramento e dei lager hitleriani. Il Disegno inquietante, con una figura martoriata, priva di volto, rievoca una umanità che ha perso la propria dimensione, che si consuma nella lotta “dell’uomo contro l’uomo”. Il disturbo che proviamo nel guardare il dipinto, è lo stesso che si prova nel vedere la tragedia terribile dei campi di sterminio. Dentro di noi c’è un mostro che rimane nascosto, ma che è sempre pronto a balzare fuori. Sul tema si sono esercitati molti pittori e filosofi: tra tutti si ricorderanno le parole della Arendt sulla banalità del male. In questo bozzetto, del resto, il colore rosso che varia dallo scarlatto del sangue della ferita aperta fino al cupo bordeaux del sangue rappreso, ci riporta al concetto di male estremo, senza profondità o dimensioni. La figura si offre indifferente al nostro sguardo quasi fosse uno specchio della nostra banalità. Se il nostro occhio indugia nei buchi che strappano la figura forse riuscirà a vedere che oltre il male non c’è nulla se non la nostra terribile normalità.
Christian Flammia – 30 05 2018