Porto Antico: Bentornato arrampicamuri: recensione in anteprima di Spider-Man Homecoming
Abbiamo appena visto l’anteprima di Spider-Man Homecoming: è stato il battesimo del fuoco per la prima edizione del nostro Cine&Comic Fest. Siamo raggianti e, quindi, vi avvertiamo: non solo il post potrebbe contenere qualche SPOILER a destra e a manca, ma potrebbe essere orribilmente opinabile.
Il film è stato presentato da Giorgio Viaro, Direttore Artistico del Festival, che ha salutato il pubblico e lanciato il film con l’esclusivo intervista-saluto della coppia Watts-Holland.
Ma parliamo del film, partendo con un voto in stile liceo: 8+
Chi è Spider-Man?
Le persone normali risponderanno: “Un supereroe”.
I nerd risponderanno: “Peter Parker”.
Cos’è Spider-Man Homecoming?
È un cinecomic nato dalla collaborazione tra Sony e Marvel; Jon Watts alla regia e Tom Holland dentro il costume dell’arrampicamuri.
In qualche misura il film si può inquadrare come un reboot, ma state tranquilli: NON sono le origini del personaggio. Si sapeva anche prima di oggi e non finiremo mai di ringraziare per questa scelta. Anche perché, dopo aver visto il cammeo in Capitan America: Civil War, ogni fan del pianeta aspettava questo film come una liberazione.
Recensione in anteprima di Spider-Man Homecoming.
Durante la produzione di Spider-Man Homecoming c’è stato un preciso momento in cui è stato riaperto il casting per ingaggiare nuove comparse, tutte giovanissime. Già, perché in questo Spider-Man, Peter Parker frequenta la seconda liceo.
Superpoteri = superproblemi.
Ecco la prima grande novità di questo reboot: racconta lo Spidey originale. Il ragazzo imbranato, adolescente, con i tipici problemi personali (la zia, il bullismo, la scuola, la disciplina, lo studio, gli amorazzi); quello che si trova sempre e comunque incastrato in un casino più grosso di lui. In pratica, hanno messo in scena il supereroe della porta accanto.
Un ragazzo e il suo sogno.
A differenza delle precedenti pellicole, in questa il personaggio principale ha una motivazione forte, fortissima, che lo muove lungo tutta la trama del film: Spider-Man vuole entrare negli Avengers, tanto quanto Peter Parker vuole entrare nel mondo degli adulti. Non ci sono da fare grosse elucubrazioni in merito: la cosa funziona, perché la conosciamo tutti quella sensazione di desiderio misto a inadeguatezza.
Ritorno alle origini.
Chiunque abbia amato i fumetti di Spider-Man, prima o poi si è trovato davanti le immagini gli albi originali. Lì c’era questo personaggio straordinariamente POP immaginato da Stan Lee e uscito definitivamente dalla matita di Steve Ditko (dopo qualche tentativo a vuoto di Jack Kirby).
Bene. Chiunque abbia visto, letto, amato, lo Spider-Man della coppia Lee/Ditko non può non aver apprezzato lo sforzo nel design del costume di quest’ultima incarnazione dell’Uomo-Ragno: qui non ci sono concessioni alla realtà o sbandate verso la coolness. Nessuna paura dei colori. Sono andati a pescare direttamente nella nostra memoria proprio quel costume lì, quello blu e rosso, con la ragnatela sopra. E, quando serve, ha pure le ali sotto le ascelle.
Un signor cattivo.
Fu Batman (1989) è stato Birdman (2014), ma adesso è passato dalla parte dei cattivi: Michael Keaton interpreta benissimo Avvoltoio che è il villain principale di questa pellicola proprio come lo fu nell’albo N.1 di Amazing Spider-Man. Corsi e ricorsi, l’abbiamo detto.
In questo caso, però, dobbiamo ammettere che sarebbe stato impossibile rivalutare l’iconografia dell’epoca d’oro, perché – nel ’63 – Avvoltoio indossava una tuta attillata verde a coste, con un collo di piume bianche a incorniciare la testa calva: una roba brutta che, oggi, sul grande schermo, sarebbe da etichettare come PEGI 12.
Diversamente dal costume di Spider-Man, quindi, per Avvoltoio è stato fondamentale il design dell’esoscheletro e – ça va sans dire – la CGI che (con l’aiuto del buio) lo rende più vero del vero.
La cosa migliore di questo Avvoltoio – quella che lo rende veramente villain – è proprio il vero volto di Keaton: praticamente una maschera screpolata di rughe che fungono da accenti per la performance dell’attore. Capace, vecchio e cattivo da fare paura.
Zio Tony.
I cinecomic sono come mastice tra generazioni. I padri appassionati instradano i figli o i figli che si appassiamo trascinano i genitori al cinema. Forse per questo, o forse perché anche i supereroi sono uomini, che i rapproti umani, personali e familiari sono sempre ben segnalati, in tutta la storia. L’avevamo notato in Guardiani della Galassia Vol. 2, lo rtiroviamo qui: Tony Stark travalica spesso il ruolo dichiarato di mentore diventando, per Peter, qualcosa di più. Prende gli ateggiamenti, i gesti, le cautele e i tic di uno zio (se non di un padre).
Peter Potter: la serialità e il grande schermo.
Il giovanissimo Tom Holland, che è tanto naturale da sembrare se stesso anche nel film (o viceversa), ha un contratto per tre film e tre cammei. Questo significa che ci saranno altri film di Spider-Man e questo è un bene. Ma c’è di più. Kevin Feige, CEO della Marvel, ha dichiarato che – per Peter Parker – vedrebbe bene un percorso scandito per anni scolastici, simile a quello che ci è familiare in Harry Potter.
“Vogliamo che Peter segua un percorso non troppo diverso da quello degli studenti di Hogwarts negli anni della scuola. È stata una delle prime idee che abbiamo avuto per questi film.”
Bentornato a casa, Spider-Man.
Insomma, questo è il film dei ritorni, per Spider-Man. Il ritorno nell’universo Marvel; il ritorno ai 15 anni; il ritorno a una comicità misurata; il ritorno all’epoca d’oro delle origini.
In pratica, del ritorno a casa.
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Fonte. Porto Antico