Colombo, Alisei e conquiste

Museo Galata: Colombo, Alisei e conquiste

Cristoforo Colombo viene spesso descritto come un eroe animato dalla sete di avventura e di conoscenza. E ciò che tutti conosciamo è che, volendo buscar el levante por el ponente, la sua spedizione puntasse all’India e a trovare un passaggio più agevole che doppiare Capo di Buona Speranza, in Sudafrica.

Partendo da alcune conversazioni e conferenze fatte al museo con storici e esperti naviganti, vediamo le quattro spedizioni di Colombo sotto un’altra luce: erano animate da ben altro spirito, non solo di avventura e scoperta.

 

La lettera di Colombo indirizzata al tesoriere dei reali di Spagna, scritta un anno dopo la sua partenza (3 agosto 1492) nel descrivere le nuove terre, parla chiaramente di conversione delle nuove genti alla santissima e cristiana fede, occupazione dell’isola e nomina più volte le grandi ricchezze di cui beneficerà tutta la cristianità.

Nelle prime righe fa riferimento al Catai, terra nella quale crede di essere giunto, ma per tutto il resto della lunga lettera non pare affatto il rapporto di un esploratore che si era messo per mare con un obiettivo poco certo come quello di arrivare in India. È piuttosto un rapporto dettagliato e preciso di ciò che è stato fatto nella nuova colonia, con obiettivi strategici e militari. Conversione delle genti, occupazione, costruzione di una rocca.

 

Riportiamo alcuni stralci della lettera

 

(…) Io tosto chè giunsi in quel mare tolsi violentemente dalle prime isole alcuni Indiani affinchè imparassero da noi le nostre cose e a noi insegnassero quelle da loro in que’ paesi conosciute. (…)

In tutte quest’isole non vi ha diversità negli aspetti della gente, nei costumi, nel linguaggio: anzi tutti s’intendono a vicenda, ciò che è utilissimo a quello ch’io credo il primo e principal desiderio dei nostri Serenissimi Re: la conversione di quelle genti alla fede. (…)

Quest’ isola si deve occupare, ed occupata, non è da disprezzarsi. (…)

Solennemente presi possesso dell’isola (…) e del villaggio cui demmo il nome di Natività del Signore, ed ivi feci eriger tosto una rocca la quale ora deve esser già compiuta e in cui vidi e lasciai gli uomini che sono necessari col vitto sufficiente per oltre un anno, e così anche una caravella e, per costruirne ancora (…)

 

Dunque al Salvatore Signor nostro Gesù Cristo che ci fe’ il dono di tanta vittoria, rendiamo grazie che il Re e la Regina e i Principi e i loro regni felicissimi si sieno arricchiti di una nuova provincia di Cristiani.

Rallegriamocene tanto per l’esaltazione della nostra fede come per l’incremento delle ricchezze di cui non solamente la Spagna ma tutta la Cristianità sta per esser partecipe. (…)

 

Poteva avere le idee così chiare qualcuno in cerca di un nuovo passaggio verso l’India, qualcuno che sfidava l’ignoto Atlantico, oltre le Colonne d’Ercole?

Piuttosto il tentativo delle quattro spedizioni di Colombo sembra quello di creare un avamposto e conquistare una nuova terra, della quale si sapeva l’esistenza, ma che fino a quel momento era rimasta inesplorata.

Vi era in più un problema tecnico molto importante ed è il motivo per cui la spedizione fu affidata a Colombo, esploratore visionario e coraggioso, ma anche abile navigatore.

Bisognava trovare la via più sicura per andare e tornare, in modo da permettere un traffico continuo e un dominio efficace.

I venti che per l’andata portarono Colombo nelle isole del centro America sono gli Alisei, che i grandi navigatori portoghesi e spagnoli conoscevano, mentre quelli del ritorno non erano una via sicura o comunque non erano noti.

Gli Alisei infatti, sono venti costanti che nell’emisfero boreale soffiano da nord-est a sud-ovest. Fu proprio grazie a essi che le caravelle (due caravelle e una caracca, per la precisione) arrivarono dalle Canarie alle Antille, nel Mar dei Caraibi. Il problema è che gli Alisei soffiano solo verso occidente e non hanno un equivalente in direzione opposta.

Costruire un avamposto nelle nuove terre, significava avere una stazione fissa da dove sperimentare le rotte per fare ritorno verso l’Europa.

Chi meglio di un uomo che naviga dall’età di 14 anni in lungo e in largo per il Mediterraneo, che ha imparato a conoscere l’Oceano presso la grande scuola dei portoghesi, ha navigato anni nei mari del nord e nell’Atlantico, e per di più ha sete di avventura e conoscenza, ambizioso e folle, sconsiderato a tal punto da “sfidare l’ignoto” poteva compiere quest’impresa?

 

Colombo riesce nell’impresa, ma a caro prezzo. Seguici nelle prossime pagine del diario di bordo, per scoprire come andò a finire.

 

 

 

 

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Fonte: Galata Museo del Mare

Di Staff_ReteGenova

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