Insieme a Francesca Bigoni, curatrice della Sez. di Antropologia del Museo di Storia Naturale di Firenze, che illustrerà diversi modi di abitare nel mondo e parlerà di progetti di collaborazione dialogica tra indigeni e museo nella foresta amazzonica, Canevacci metterà in evidenza le connessioni tra aldeia/villaggio e metropoli, a partire dal suo scritto sulla città di Saõ Paulo La città polifonica del 1997. Qui la città è il contesto dentro il quale si producono non solo la discriminazione della marginalità o i miasmi dell’inquinamento, ma anche la seduzione del mutamento, l’innovazione di modelli culturali, stili di vita, forme della comunicazione, la produzione di nuovi paesaggi visuali, la creazione di pensiero astratto. Sulla base di questa polifonia urbana, l’autore si spinge verso la creazione di una mappa in cui smarrirsi, una mappa delle differenze, che vede l’oggetto trasformarsi in soggetto vivo e vitale.
Questo passaggio risulta centrale per la sua seconda ricerca sul terreno, questa volta in un villaggio brasiliano, l’aldeia di Meruri, cui Lévi-Strauss stesso fa riferimento nel suo celebre “Tristi Tropici”, nel cuore del Sudamerica, dove oggi i nativi reclamano a pieno titolo il diritto alla loro narrazione ed autorappresentazione, ribaltando le procedure metodologiche secondo cui tradizionalmente l’antropologo rappresentava l’altro con logiche esterne e autorità narrative coloniali ed europocentriche.
L’accelerazione delle culture digitali – facilità di uso, abbassamento dei prezzi, accelerazione dei linguaggi, decentramento di ideazione, editing, consumo – favorisce questo ribaltamento, in cui appare legittima la domanda su “chi rappresenta/comunica chi” e favorisce questo decentramento della visione e della divisione del lavoro tra chi ha il potere di inquadrare l’altro e chi dovrebbe continuare ad essere inquadrato.
Tale divisione ridefinisce lo scenario di potere dentro il quale l’antropologia critica confligge contro e oltre ogni tentativo di folklorizzare l’altro.
Lo sguardo etnografico di Canevacci a questo punto si colloca nuovamente in città, ma in una fluttuante metropoli con identità fluide e individualità diasporiche che attraversano e incrociano luoghi, spazi, zone e interstizi in cui imperano i processi di ibridazione tra frammenti glocal espansivi; l’accelerazione politica della comunicazione visuale: tutto questo delinea la transizione in atto dalla città industriale alla metropoli comunicazionale ed individua nel transurbanesimo il contesto fluido dove si pratica un tale mix di corpi e spazi -intrecciando antropologia e architettura.
In conclusione, le connessioni complesse tra aldeia e metropoli si situano in tale contesto transitivo, ubiquo, polifonico, sincretico.
Per chi lo desiderasse alle ore 16,30 avrà luogo introduzione alla mostra su prenotazione, a cura di Solidarietà e Lavoro
(€ 4,50 incluso biglietto open al museo)