I colori della mia Liguria. Gianmarco Crovetto

Museo Galata: I colori della mia Liguria. Gianmarco Crovetto

Le opere del pittore ligure Gian Marco Crovetto tornano in Museo dal 24 novembre al 5 dicembre presso la Saletta dell’Arte al primo piano del Museo. L’esposizione “I colori della mia Liguria“, 22 tele dell’artista genovese, visitano angoli molto riconoscibili della Riviera Ligure: le Cinque Terre, Portofino, San Fruttuoso, Bogliasco dove Crovetto e’ nato. L’artista ha gia’ avuto molte personali in Italia, Europa e negli Stati Uniti. La mostra è visitabile dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18, sabato e domenica fino alle 19.30.

Nel 2015 la mostra “I colori della mia Liguria” è stata ospitata in uno dei maggiori musei del Sultanato dell’Oman, il Bait al Zubair, grazie al supporto dell’Associazione Promotori Musei del Mare e della Navigazione Onlus e nell’ambito dell’incontro a Mascate per la firma di un Accordo di collaborazione tra il Ministero del Patrimonio e della Cultura del Sultanato dell’Oman e l’Istituzione Museo del Mare (Mu.Ma) – Galata di Genova per la realizzazione di un nuovo museo marittimo che verrà costruito nella città di Sur.

 

Recensione a cura di Beba Marsano

Non è la Liguria oleografica da cartolina. E nemmeno quella balneare da cartellone turistico. La Liguria di Gian Marco Crovetto è la terra del “male di vivere” di Montale (1). Della “rosea tristezza” di Cardarelli (2). Delle accensioni estatiche e visionarie dei mari impossibili del Rimbaud del Bateau ivre (3). È terra di ombre violacee nella notte di borghi deserti, di campanili barocchi contro cieli infuocati, di mari screziati da verdi plumbei e aranci roventi, di pitosfori di metallo e di porpora, di orizzonti dai bagliori d’Apocalisse.  Crovetto non sembra usare tubetti di colore, bensì, al pari dei fauves, “candelotti di dinamite”. E ai fauves l’artista ha guardato come maestri indiscussi, insieme ai giganti tedeschi della Brücke: Heckel, Kirchner, Schmidt-Rottluff. Ma, se per Matisse e compagni il colore era simbolo di anarchia delle emozioni e per gli espressionisti strumento di denuncia di un disagio esistenziale e sociale, per Crovetto non è che “la trascrizione visiva degli invisibili, febbrili, primordiali movimenti dell’anima”.

 

La sua tavolozza incendiaria plasma il paesaggio con una forza tutta emotiva. E la pennellata – materica, impetuosa, violenta – lascia sulla superficie pittorica rilievi, coaguli, scie tattili pari a tracciati, a sentieri, a camminamenti verso territori selvaggi e inesplorati: quelli del profondo. Una sorta di trascrizione in Braille degli istinti del cuore.

Crovetto è il piromane della pittura. Il suo colore, esplosivo e sonoro, come sparato da una cartucciera, deflagra, divampa, fiammeggia (anche nella memoria retinica) senza tregua. E si sostituisce alla luce perché diventa luce esso stesso. Sbaraglia il disegno per dare forma ai volumi (“con il pennello io dipingo e disegno nello stesso tempo”). Si fa gioco delle verosimiglianze per creare nuove esperienze della visione. E quale processo di alchimia, trasforma la pittura in pura materia dell’anima, registrandone ogni pulsione, ogni vibrazione, ogni minima intermittenza.

Con prospettive visionarie e oniriche, in bilico tra favola e sogno, la mostra inanella angoli di Riviera che restano, però, ben riconoscibili. Sono le Cinque Terre, borghi in miniatura sospesi tra scoglio e mare, patrimonio dell’Umanità Unesco. Portofino, icona planetaria della Dolce Vita, con la sua piazzetta e la minuscola baia smeraldina, di cui Fred Buscaglione dilatò il fascino romantico e mondano con una hit senza tempo, I found my love in Portofino, cavallo di battaglia di Dalida e Paul Anka. San Fruttuoso di Camogli, borgo-abbazia monumento alla gloria dei Fieschi, raggiungibile solo via mare. Bogliasco, antico villaggio di pescatori sul Golfo Paradiso, dove Crovetto è nato, vive e lavora. A dispetto del successo internazionale e dei lunghi soggiorni all’estero, dalla Francia alla Grecia, dalla Tunisia agli Stati Uniti, per lui la Liguria è rimasta un topos, un punto di riferimento assoluto, artistico e sentimentale: “è l’unità di misura di tutto ciò che so”, dice. È il banco di prova di ogni sperimentazione pittorica e il privilegiato campo d’indagine della sua ininterrotta ricerca sulla natura emozionale, simbolica, psicologica del colore. Ecco l’incandescente voluttà della luce diurna, segno di passione dionisiaca, di estate dell’anima, di eterna giovinezza della pittura. Ecco quelle sinfonie per soli blu e viola che sono le notti; notti incantate, esoteriche, sommessamente poetiche.

Cézanne si serviva del disegno per rendere la durata assoluta ed eterna delle cose perché, diceva, “tutto quello che vediamo si dilegua”. Crovetto si serve del colore per fissare la durata effimera dell’emozione. Insegue, come gli impressionisti, l’attimo fuggente. E ritrae gli stessi luoghi dentro una luce ogni volta diversa, rinnovati non soltanto dal passaggio delle ore, dei giorni, delle stagioni, ma dall’eco che lo spettacolo del mondo gli orchestra nell’intimo.

Più che gli spazi di una geografia fisica, i suoi paesaggi disegnano insomma una geografia tutta interiore. Schegge di un autoritratto ideale.

 

(1). Eugenio Montale (1896-1981), ligure, poeta, premio Nobel per la letteratura 1975.

(2). Vincenzo Cardarelli (1887-1959), poeta, scrittore e giornalista italiano.

(3). Arthur Rimbaud (1854-1891), poeta francese; scrisse Le Bateau ivre nel 1871.

L’articolo I colori della mia Liguria. Gianmarco Crovetto sembra essere il primo su Galata Museo del Mare.

Fonte: Galata Museo del Mare

Di Staff_ReteGenova

Vedi anche

Il Teatro di ricerca internazionale nelle fotografie di Riccardo De Antonis 1978 – 1984

Museo Biblioteca dell’Attore: Il Teatro di ricerca internazionale nelle fotografie di Riccardo De Antonis 1978 …