Genova, dal 23 ottobre al 4 novembre, ore 20.30
Domenica ore 18.30 – lunedì riposo
Teatro della Tosse
PRIMA NAZIONALE
IL CANE SENZA CODA
un’opera teatrale di Paolo Bonfiglio
collaborazione alla drammaturgia Antonio Tancredi
regia Emanuele Conte
con Pietro Fabbri e Andreapietro Anselmi
musiche Tommaso Rolando
costumi Daniela De Blasio
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
Dal 23 ottobre al 4 novembre in Prima Nazionale la nuova produzione del Teatro della Tosse con la regia di Emanuele Conte, che apre il filone dedicato alla nuova drammaturgia contemporanea del Cantiere Campana. IL CANE SENZA CODA, un’opera teatrale di Paolo Bonfiglio, con la collaborazione drammaturgica di Antonio Tancredi, le musiche originali di Tommaso Rolando e i costumi realizzati da Daniela De Blasio.
Gli ultimi istanti di un uomo bloccato in una misteriosa sala d’aspetto ferroviaria in attesa di un treno che sembra non arrivare mai, mentre fuori, tra il gracchiare dei corvi, cala la notte sulla campagna innevata. In questo spazio sospeso nel tempo si succedono surreali incontri: un’enigmatica signora con tre valigie dal contenuto misterioso, uno strano cane, un controllore molesto, mentre il personaggio centrale si ritrova a scontrarsi con la refrattarietà di una macchina per biglietti, una telecamera che sembra vedere tutto, un altoparlante irritante e due incubi.
Questi gli ingranaggi narrativi che si combinano in un inesorabile meccanismo teatrale in cui il viaggiatore, protagonista suo malgrado, finirà inevitabilmente per soccombere.
Uno spettacolo che vede nuovamente insieme Emanuele Conte e Paolo Bonfiglio, che avevano già lavorato insieme per In The Penal Colony (2015), regia di Conte e video arte di Bonfiglio, e per Il Maestro e Margherita (2018), dove il primo ha firmato la regia insieme a Michela Lucenti e il secondo ha realizzato le tele animate.
Il Cane senza coda parla di esistenza, di rimpianti, di attese disattese e vane speranze attraverso suggestioni surrealiste e un umorismo nero che strappa risate in circostanze che normalmente sarebbero considerate drammatiche. Un testo di grande forza con personaggi di rara profondità, interpretati da Pietro Fabbri e Andreapietro Anselmi.
Un’esperienza di sospensione, tra la vita e la morte, l’ultima possibilità di redenzione già consumata all’insaputa del protagonista e del suo inutile ottimismo di sottofondo: una parentesi quindi tra la vita e la morte, dove comico e tragico si legano indissolubilmente.
Il tempo che non torna più, in un testo dove si evidenzia la vanità dell’essere umano, che si trova paradossalmente senza coda e senza padrone, solo e abbandonato a fare i conti con sé stesso e le proprie scelte.
“Perdersi è sicuramente ciò che di meglio ci sia nella vita. La maggior parte delle persone non si perderà che in punto di morte. E non perderanno un granché.”
Così scrive il musicista francese François R. Cambuzat e con questa frase si riassume perfettamente il filo rosso che lega in un unicum i numerosi ed eterogenei elementi di quest’opera teatrale, arricchita da una regia di Emanuele Conte senza compromessi, che si nutre di teatro ma non solo: ci si ritrova così a passare da citazioni alla David Lynch e un certo tipo di cinema americano contemporaneo ad atmosfere collodiane, a influenze prossime a Dino Buzzati e André Breton.
Innumerevoli sono i sottotesti di questo lavoro che Bonfiglio ha scritto come naturale conseguenza dei due cortometraggi animati Mater (2007) e Mortale (2010), selezionati e premiati nei maggiori festival internazionali e proiettati dal vivo in collaborazione con Tommaso Rolando, autore delle musiche originali. La strada aperta dall’artista sudafricano William Kentridge, dove arte contemporanea e teatro si fondono, qui trova una straordinaria espressione, ricca di rimandi e collegamenti tra regia, recitazione, testo e proiezioni.
La vicenda si svolge in un’isolata stazione ferroviaria, dove il protagonista è in attesa, un purgatorio stretto tra il paradiso a ovest e l’inferno a est.
Uno spettacolo che gioca con il sogno e con l’incubo, in cui i piani onirici si sovrappongono tra loro e la realtà, riflettendo sulla condizione dell’artista, sugli affanni e le frustrazioni che concernono la realizzazione dell’opera d’arte, e analizzando le inevitabili conseguenze dalla resa e del fallimento, con la presa di coscienza di aver esaurito le ultime possibilità favorevoli.
Temi cruciali del dibattito artistico, che vengono messi in scena senza perdere di vista l’ironia e la leggerezza, attraverso un modo di concepire e fare teatro che coinvolge in più occasioni il pubblico in un riso amaro, come nella rappresentazione della burocrazia, che invade ogni aspetto della nostra vita e forse anche della nostra morte. Uno spunto di riflessione tragicomico sul transumanesimo, dove la tecnologia ci libera in maniera apparente, rendendoci in realtà meno autonomi, condizionando pesantemente in maniera cieca ogni aspetto dell’esistenza.
Un rapporto grottesco e angosciante, che ricorda da vicino le vicende raccontate da Kafka nelle sue opere.
In questo mondo cinico e grottesco, Emanuele Conte ritrova alcuni degli elementi cari alla sua poetica, come il tema della morte affrontato con apparente rassegnazione e disincanto, con un’ilarità quasi canzonatoria, e i tormenti dell’artista alle prese con la creazione dell’opera in un’ambientazione surreale alla Boris Vian, con cui il regista si è già confrontato in passato.
In questa scena brutalizzata dall’inesorabilità del tempo si muovono gli attori Pietro Fabbri e Andreapietro Anselmi, interagendo tra loro e con gli elementi esterni del mondo dei vivi, con l’apparizione di divinità ultraterrene, in un viaggio immobile nella mente del protagonista, dove rivive in sottofondo il mito di un Sisifo contemporaneo.
Il cane senza coda, nei progetti del suo autore, è il primo capitolo di una trilogia dedicata al tema del “trapasso”, che si svilupperà con L’uomo senza famiglia, riflessione sull’agonia del decesso e sulla fratellanza e L’albero senza radici, indagine paradossale sul rapporto uomo-donna, su cosa ci aspetta dopo la vita terrena e soprattutto il dove si va a finire. Ogni capitolo della saga sarà accompagnato da video d’animazione e avrà un animale simbolo, ispirazione tratta dalla mitologia egizia, e, se per questo primo lavoro è il cane, nei testi successivi prenderanno vita un uccello da preda e una scimmia.
MOSTRA
Dal 23 ottobre al 18 novembre
Foyer Teatro della Tosse
L’orrore e l’incanto
Esposizione di Paolo Bonfiglio
La mostra L’orrore e l’incanto di paolo Bonfiglio sarà inaugurata nel foyer del Teatro della Tosse il 23 ottobre ore 19.00 prima dello spettacolo Il Cane senza coda e resterà allestita fino al 18 novembre.
Tommaso Rolando autore delle musiche dello spettacolo suonerà dal vivo prima dell’inizio dello spettacolo. La mostra è a entrata libera.
L’orrore e l’incanto è l’esposizione dei disegni originali tratti dai due cortometraggi d’animazione sperimentale Mater (2007) e Mortale (2010), che interverranno in forma rielaborata nello spettacolo teatrale Il cane senza coda, e proiezione a monitor della versione originale.
Mater ha vinto il primo premio del pubblico nel 2007 alla FIAC di Parigi per la categoria “FIAC Show Off: Arts Numériques”, mentre Mortale ha vinto il secondo premio del Festival Mumia in Brasile, oltre a entrare nella collezione del festival olandese Impakt, inaugurando il canale tematico omonimo.
L’AUTORE
Negli ultimi dieci anni, Paolo Bonfiglio ha realizzato film sperimentali in animazione, basati sulle musiche di Mick Harris, punto di riferimento della scena elettronica a livello internazionale, oltre a collaborare con progetti di live visual, expanded cinema e scenografie video con numerosi registi e musicisti.
Un modo per approfondire l’opera dell’artista e per apprezzare il grande lavoro che si cela dietro al cinema d’animazione. I cortometraggi di Bonfiglio sono stati selezionati e premiati nei festival di cinema sperimentale di tutto il mondo.
INFO: www.teatrodellatosse.it
Biglietteria : 0102470793
Biglietti: 15 euro
Davide Bressanin
Ufficio stampa
Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse ONLUS