Museo Galata: Le colonie genovesi nel Medioevo: Egeo, Mar Nero e Mediterraneo
Il diario di bordo di oggi ci porta sulle coste del Mar Nero e nelle isole dell’Egeo alla scoperta delle antiche colonie della Genova medievale grazie agli studi e agli scritti del prof. Balard.
Michel Balard, studioso di storia medievale, professore alla Sorbona è stato membro del comitato scientifico del Mu.MA e della Commenda di Pré. Citiamo qui parzialmente un suo testo sulle colonie genovesi d’oltremare a partire dal XIII secolo.
Il nostro viaggio nelle colonie genovesi parte da Soldaia, vecchia città bizantina, passata sotto il potere dei Mongoli nel 1249, poi divenuta colonia veneziana. Passata nel 1365 in mano ai Genovesi, Soldaia fu una concorrente di un’altra importante colonia: Caffa, situata sempre sulla costa della Crimea.
Partendo dalla più famosa e conosciuta, e che dà il nome al nostro museo abbiamo Galata a Istambul, con la sua Torre di Galata, struttura difensiva della colonia Genovese di Pera nel corso del XIV e XV secolo.
Due isole greche Chio e Mitilene, conservano la loro cinta muraria, costruita dai Genovesi, i Giustiniani da una parte, i Gattilusio dall’altra.
Già in precendenza però, agli inizi del XII secolo, in seguito alle crociate si erano andate formando piccole comunità liguri nei principali porti di Siria – Palestina in cui la Superba aveva ottenuto delle concessioni fondiarie, giurisdizionali e doganali in ricompensa dell’aiuto navale prestato nella conquista della Terrasanta. Si formarono così uomini d’affari genovesi che organizzavano l’intenso movimento commerciale legato all’arrivo, due volte all’anno, delle galere e delle navi genovesi.
Invece, a partire dalla seconda metà del XIII secolo, la colonizzazione genovese ha il suo picco principale. Varie comunità si stabiliscono tutt’attorno al Mar Nero, città già occupate come Caffa, Pera e Chio conoscono uno sviluppo eccezionale.
Esse si fondarono in primo luogo su grandi risorse umane. Per popolare i centri d’oltremare che conquista o riceve in concessione, Genova deve fare appello ai propri abitanti, certo, ma anche a tutte le comunità delle Riviere su cui si estende il suo potere. Un vasto movimento di emigrazione interessa tutta la Liguria e si diffonde alle città che intrattengono rapporti commerciali con la Superba.
Soldati, marinai, avventurieri, ma anche giovani che fanno il loro apprendistato d’affari, membri dell’aristocrazia mercantile partono per qualche mese o qualche anno, si stabiliscono in oltremare, prendono mogli o concubine, chiamano la loro famiglia, sempre con la nostalgia della loro terra natale, della loro parrocchia d’origine, che non scordano nei loro legati testamentari. Minoritari in rapporto ai Greci, o a gli Armeni o ai Mongoli che li circondano, questi Genovesi d’oltremare costituiscono più dell’80% della popolazione occidentale delle colonie. Così si costituisce una società coloniale dominatrice, dove l’unico scopo è quello di valorizzare, al meglio, le risorse dei territori d’oltremare per soddisfare i bisogni della metropoli e ancor più del sistema artigianale di tutto l’Occidente medievale.
Le colonie genovesi, in effetti, non mancano di risorse. Le sponde della Crimea, ai confini del mondo mongolo, vedono arrivare nei loro porti i prodotti dell’Estremo Oriente, seta e spezie, tanto ricercate nel mondo occidentale. Esse propongono in scambio, fino al cuore dell’Asia, panni e tele, vino e balocchi. Esse raccolgono gli schiavi, bocche inutili delle tribù caucasiche, che vanno a servire nelle famiglie agiate delle città d’Occidente o a potenziare i feudi agricoli della Sicilia.
Esse sono il punto d’incontro privilegiato tra il mondo della steppa e della foresta e le città mercantili mediterranee. Intermediari fra economie complementari, le colonie genovesi sono anche centri che valorizzano le più importanti risorse locali: cera, miele, pellicce e cereali per quelle di Crimea, allume destinato a fissare le tinture delle stoffe d’Occidente per Focea (Asia Minore), mastice, questo “chewing-gum” del Medioevo per Chio, che contingenta la produzione e commercializzazione in tutto il mondo. La nascita dei primi “cartelli commerciali” si deve allo spirito d’invenzione dei genovesi d’Oltremare.
Per riuscire a valorizzare gli insediamenti, non c’era affatto bisogno di sottomettere pesantemente le loro popolazioni. Era sufficiente coinvolgere le élite indigene e lasciare loro una parte dei profitti, mantenendo la gente comune nella propria condizione ancestrale.
Dominazione politica ferma, sviluppo economico pesante, soggezione culturale leggera: gli insediamenti genovesi d’oltremare sono stati il “laboratorio” della colonizzazione moderna.
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Fonte: Galata Museo del Mare