News Osservatorio Raffaelli: Una task force contro la Drosophila a difesa della ciliegia
In attesa di individuare tecniche di controllo biologico e biotecnologico efficacemente integrate con la difesa chimica, le reti multifunzionali rappresentano un sistema collaudato e trasferibile alla produzione, ancorché molto oneroso, di non semplice gestione e talora non idoneo per il ceraseto dal punto di vista microclimatico
Drosophila suzukii Matsumura, è divenuto in pochi anni il “parassita-chiave” del ciliegio e dei piccoli frutti. Vi è la necessità di contenerne i danni attraverso specifiche strategie di difesa. Tra queste possono essere elencate sia le misure di protezione indiretta come la gestione della chioma e del cotico erboso, la riduzione dei tempi di raccolta e l’eliminazione dei frutti danneggiati dal campo, sia la difesa fitosanitaria. L’applicazione ripetuta di prodotti insetticidi necessaria a contrastare gli attacchi di drosofila ha inoltre fatto emergere nuove difficoltà come il rispetto dei limiti di residui sui frutti e la scarsa selettività degli insetticidi verso l’entomofauna utile.
Monitoraggio
Il monitoraggio si basa essenzialmente su due tipi di rilievi eseguiti settimanalmente, ovvero la cattura dei moscerini adulti mediante trappole e il rilievo di uova e larve su un campione di 100 ciliegie. L’andamento delle catture di adulti (Fig 2) mostra come l’inverno sia il momento più critico per il moscerino. A segnalare il progressivo incremento di popolazione che avviene tra maggio e giugno sono però le percentuali di frutti infestati. Risulta evidente come le cultivar più soggette all’attacco di drosofila siano quelle tardive (Fig. 2). Tuttavia, nelle annate in cui la popolazione svernante è abbondante, anche le cultivar precoci si dimostrano particolarmente suscettibili. Il numero di esemplari catturati durante l’inverno dà una misura della popolazione svernante, segnalando con anticipo il rischio per le cultivar precoci. La percentuale di frutti con ovodeposizioni evidenzia con un anticipo di alcuni giorni le dinamiche delle infestazioni durante il periodo produttivo, fornendo così importanti elementi per impostare una corretta difesa fitosanitaria.
Reti anti-insetto
Poiché le protezioni fisiche possono rappresentare una valida tecnica per il controllo del fitofago, è stata verificata l’efficienza delle reti antinsetto su diversi modelli d’impianto.
Coperture multi-funzionali monoblocco e monofilare per impianti a media densità
Queste prove sono state condotte dal Consorzio Fitosanitario di Modena su impianti a media densità (MHDP). La prima sperimentazione è stata realizzata in un ceraseto con copertura anti-pioggia adattata (monoblocco) e chiusa sul perimetro con rete anti-insetto (dimensione della maglia della rete di 1 mm²).
I risultati evidenziano una buona efficacia nel contenimento di drosofila sebbene il controllo non sia stato completo.
La strategia ha previsto l’integrazione con interventi insetticidi: con tale approccio (difesa fisica + chimica) sulle cultivar tardive ed in condizioni di elevata pressione i danni registrati sono risultati molto contenuti rispetto al controllo scoperto (ma trattato chimicamente). Tuttavia, i dati rilevati sul microclima hanno messo in luce un incremento delle temperature (+ 10°C nelle ore più calde) e dell’umidità relativa (+ 20% nelle ore pomeridiane) sotto rete che, negli ambienti di prova, ne sconsigliano l’impiego. La seconda sperimentazione è stata condotta con copertura monofila dotata nella parte alta di “doppio strato” con funzioni anti-pioggia; non sono stati registrati danni da drosofila (anche in assenza di interventi integrativi). Entrambe le strutture hanno inoltre garantito un buon controllo del “cracking” e della monilia dei frutti, nonché una protezione dai danni da uccelli.
Le coperture multifunzionali monofila non hanno presentato, inoltre, significativi problemi legati agli incrementi di temperatura e umidità.
Coperture multi-funzionali monofilari per impianti intensivi
I risultati ottenuti nella stagione 2016 confermano l’efficacia totale delle reti nel contenimento dei danni da drosofila, evidenziando tuttavia l’effetto delle protezioni sulla qualità delle ciliegie (Tab. 1) che risultano leggermente più piccole e con colorazione scura meno accentuata. Le prove su impianti ad alta densità (VHDP). Parte del ceraseto è stata coperta col sistema” Keep in Touch” (KIT), cioè con rete anti-insetto posta su ogni filare con funzione multipla di difesa (da drosofila così come da altri insetti, dalla grandine, dal “cracking”, ecc). Nella stagione di prova è stata registrata una scarsa cattura di drosofila nelle trappole poste all’esterno delle reti, mentre all’interno le catture sono state nulle. I dati di temperatura e umidità registrati da maggio a luglio mostrano valori molti simili tra il controllo (scoperto) e l’ambiente all’interno del sistema KIT, con un leggero aumento, in questo ultimo, delle temperature e dell’umidità relativa.
Parassitoidi autoctoni e potenzialità nella lotta biologica
Sono state ritrovate diverse specie di imenotteri parassitoidi:
- Leptopilina boulardi, parassitoide di larve di diverse specie di drosofila le cui prove hanno però mostrato scarsa efficacia.
- Pachycrepoideus vindemiae, specie che si sviluppa principalmente a spese di pupe di diversi ditteri, ma è anche in grado di uccidere altri parassitoidi.
- Trichopria drosophilae (Fig. 5): anche questa specie è un parassitoide di pupe di ditteri, però mostra una maggiore specificità nei confronti dei drosofilidi.
I risultati, a confronto con un’area vicina nella quale il parassitoide era già stato rinvenuto l’anno precedente, mostrano le buone potenzialità di Trichopria drosophilae nel rintracciare e uccidere pupe di drosofila (Fig. 4). È da menzionare, tuttavia, che Trichopria drosophilae, essendo un parassitoide pupale, attacca il suo ospite a danno avvenuto.
Resistenza agli insetticidi
I principi attivi valutati sono stati deltametrina, dimetoato, spinosad, spinetoram e cyazypyr, scelti per il loro comune utilizzo verso questo fitofago, mentre le popolazioni saggiate sono state rispettivamente una popolazione selvatica denominata “BIO” e considerata come popolazione suscettibile di laboratorio, tre popolazioni campionate nel comprensorio di Vignola nel 2014-15 denominate “BON”, “MIX” e “MO2” di cui solo quest’ultima presentava qualche problema di controllo e, infine, due popolazioni sospette raccolte nel 2016 e provenienti da due aziende sempre del vignolese con forti problemi di contenimento, denominate “QUA” e “TUG”. Una seconda attività di laboratorio, parallela alla prima, ha valutato la resistenza in base alla capacità detossificante verso gli insetticidi di specifici sistemi enzimatici presenti in otto popolazioni, incluse quelle sottoposte al precedente test di laboratorio. Inoltre, negli individui della popolazione “QUA” sopravvissuti ai test con deltametrina e cyazypyr è stata condotta un’indagine approfondita sui meccanismi molecolari che generano resistenza.
I risultati ottenuti per le diverse popolazioni (Fig. 7a e Fig. 7b) mostrano come le popolazioni “QUA” e “TUG” raccolte nel 2016 necessitano di dosi di deltametrina e dimetoato sostanzialmente più elevate di quelle necessarie in tutte le altre popolazioni raccolte nel 2014-15 per sopprimere la stessa percentuale di individui. Inaspettatamente, per cyazypyr, insetticida di recente utilizzato in campo, le dosi necessarie per causare mortalità del 50 o 90% degli individui delle due popolazioni raccolte nel 2016 sono risultate solo moderatamente più elevate rispetto alle popolazioni raccolte nel 2014-15. Per quanto riguarda spinosad e spinetoram non vi sono differenze sostanziali fra le diverse popolazioni raccolte nei diversi anni.
Le capacità detossificanti specifiche verso gli insetticidi hanno messo in evidenza allo stesso modo dei test di mortalità in laboratorio che solo le popolazioni “QUA” e “TUG” hanno un maggior potenziale detossificante verso gli insetticidi rispetto alla popolazione suscettibile di riferimento “BIO”. Negli esemplari della popolazione “QUA” sopravvissuti a deltametrina non sono state rilevate mutazioni genetiche assimilabili a quelle note ed associabili alla ridotta risposta a questa molecola. Negli adulti “QUA” sopravvissuti a cyazypyr sono stati riscontrati, come in altre specie fitofaghe tolleranti alle diammidi, famiglia a cui appartiene cyazypyr, aumenti della attività di geni che controllano il livello della molecola bersaglio del principio attivo e il metabolismo dell’agro-farmaco.
Conclusioni
In attesa di individuare tecniche di controllo biologico e biotecnologico in grado di integrare in maniera efficiente la difesa chimica, le reti multifunzionali rappresentano un sistema sufficientemente collaudato. In particolare, le reti monofila con protezione anti-pioggia si sono dimostrate. La tecnica è interessante perché può essere applicata non solo sull’intero appezzamento, ma anche in maniera modulare nel ceraseto (es. solo sui filari delle cultivar tardive più sensibili agli attacchi di drosofila). Questa elasticità d’impiego potrebbe permettere di ridurre i costi d’impianto, aspetto che attualmente ne limita una più ampia diffusione
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Fonte: News Osservatorio Raffaelli